Cosa sono i font basati sui limiti di leggibilità?
I font sono strumenti di comunicazione ed espressione. Ne esistono di diverse tipologie e vengono scelti per ogni progetto in base alla destinazione, alla funzione e al messaggio che si vuole trasmettere. Molte sono le caratteristiche che questi devono avere, prima fra tutte è la leggibilità, la chiarezza e la funzionalità con cui un testo può quindi essere letto e capito.
Fin da piccoli la nostra mente è stata allenata ad individuare le figure che ci sono familiari. Questa nostra esperienza ci permette di riconoscere le forme delle lettere anche solo guardandone pochi tratti, senza il bisogno di vederle nella loro forma completa. Esistono numerose font che si sviluppano su queste basi e sfruttano i limiti di leggibilità. In particolare esse sono un’elaborazione, una sintesi della forma di partenza, avvicinandosi a risultati inconsueti che ne modificano la comprensibilità iniziale, senza però annullarla.
I modi per realizzare font ai limiti della leggibilità sono molti: possono nascere attraverso una serie di tagli, omissioni, tenendo solo le parti più significative dei glifi, alterando le dimensioni dei tratti essenziali o lavorando sulle loro forme e controforme o addirittura modificando i normali rapporti tra bianchi e neri.
Possiamo ritrovare la ragione di questa caratteristica in un principio fondamentale della Gestalt, corrente psicologica che si sviluppò in Germania all’inizio del ’900.
Tra i suoi principi fondamentali possiamo trovare il principio dell’esperienza passata secondo il quale la personale esperienza dà forma alle nostre percezioni. Questo accade quando noi guardiamo gli elementi di un insieme che possono farci riconoscere un determinato oggetto, riuscendo a percepire quegli elementi come l’oggetto stesso; la mente li raggruppa per ricostruire la forma presente nella nostra memoria visiva.
Per esempio nella figura azzurra, qui sotto, non vediamo solo tre segmenti distinti ma percepiamo in modo chiaro e netto tutta la lettera “E”. Questo succede perché conosciamo la lettera “E” e le linee disposte in questo modo danno forma ad un ricordo che ci permette di percepirla, anche se in realtà non è presente.
Chiara Togni, 5C grafica